NiusLatter #35 Come in cielo così in terra

Siamo al porto, ma non è come pensi. Non c’è mare, non c’è boe, non c’è spazio, c’è solo l’amazzonia e un fiume limaccioso, giallo e penetrante.
Saliamo sulla canoa con loro.
La canoa fa da Taxy a chi deve entrare nella giungla. Entrare non è facile.
Siamo circondati da alberi, l’acqua è alta e permette di andare.
Mentre andiamo spunta un tapiro nel fiume, e dal niente uomini armati di frecce velenose.
Il tapiro ha le ore contate.
Noi osserviamo la concitazione.
Fluiamo.
Sempre sulla canoa, per sette ore.
Ci guardiamo, ci sono i ragazzi, c’è i vecchi. Ci sono io. Li porto tutti laggiù. Sono responsabile di più vite e della mia.
Due anni prima hanno ammazzato dei turisti.
Ce lo dicono mentre siamo già lì e non possiamo tornare indietro.
Sono quelle tribù che non hanno mai avuto contaminazioni.
Che preservano il loro ambiente.
Silenzio.
C’è solo da sperare che la barca non si incagli, che il fiume scorra, che non abbiano possibilità di prenderci.
Silenzio.

C’è chi prega, chi medita, chi guarda, chi canta, chi parla.
Arriviamo dopo molte ore ad una comunità indigena, la prima.
Scendiamo.
C’è il molo e la cabana. Hanno cani e scimmie domestiche.
Pedro viene morso sul labbro.
Abbiamo solo il cortisone chemicetina. E la speranza che non prenda la rabbia.
Dormiamo in tenda sotto una cabana di legno e palma. Mangiamo insieme cose al buio.
La comunità si riunisce parla. È una famiglia che accoglie chi passa dal fiume.
Non possiamo uscire dal nostro perimetro di vita organizzata perché al di là c’è la giungla vera. Fatta di puma, serpenti e uccelli. Ragni e animali selvatici.
Restiamo lì. Il perimetro è stretto ma il tempo di permanenza anche.
Mangiamo, dormiamo, partiamo.
La seconda notte di viaggio sul fiume ci fermiamo in un posto abbandonato.
Sento le voci delle sirene.
Il giaguaro emette un canto simile quando si avvicina la notte.
Me lo dicono gli indigeni.
Ripartiamo.
Dobbiamo arrivare nel posto più recondito che abbia mai visitato. Con tre giorni di canoa per arrivare da Kemperi.
Una comunità ci aspetta.
Bambini assetati di noi.
Mi colpisce che quando mangiamo vengono tutti e ci guardano e se avanziamo qualcosa lo mangiano loro .
Non ho fame.
La tovaglia è sporca, il pavimento mezzo di terra e mezzo di piastrelle improvvisate. Non cucinano. Loro. Solo quando cacciano. Mangiano yucca e gambe di tapiri. Cacciano con il veleno dei piranha.
Affrontano il giaguaro da soli.
Silenzio
Mi faccio pervadere dalle foglie d’ayausca bollite che invece che bere mi versa addosso.
Accetto
Ascolto kemperi raccontare dei suoi giaguari.
Dormo e sogno.
Sono lì
Sono io
La demarcazione di ciò che sono è data da come mi muovo. Dove vado. Cosa vedo. Di cosa mi nutro.
Sono la
Risultante di tanti passi.
Sono una che cammina nella vita. Cammino sempre
Quando sto male, quando sto bene, quando devo andare, quando devo tornare.
Quando le cose non vanno tanto cammina.
Vai
Sorprenditi
Trovati dall altra parte del mondo.
Crea un crack nelle tue abitudini. ‘Shock in my town’ cantava Battiato.
Così
Come
Chi camminò sulle acque. Come il respiro della tigre. Come un sogno
Come una possibilità
Siamo
Siamo
Siamo
Nel nostro incedere
Nel nostro canto
Nella nostra intenzione pulita.
Diamoci la mano
Ti porto in amazzonia

Sipario

NiusLatter parlata