Penso alla collettività
Come al magma che fuoriesce dal vulcano
Penso alla collettività come cosa grande
Uno tsunami che rompe, un morbido abbraccio, un pensiero comune.
Penso agli ideali a come sono pericolosi sia nel bene che nel male. Penso alle voci interiori, al senso di appartenenza, al grido di libertà, alle conquiste e ai diritti. Penso a noi che ci chiamano ignavi, e siamo tutti bloccati o distratti o assenti.
Silvia Di Dio
Assente
Alessandro Faggi
Assente
Massimiliano Savona
Assente
Assenti alla danza collettiva, assenti alla lotta di classe, assenti alla deriva eroica, assenti nelle nostre vesti perfette, le bocche socchiuse, la doppia riga sull’occhio e i mocassini ai piedi.
Un giorno nella giungla da soli e saremmo morti.
Abbiamo paura delle malattie, della guerra, degli uomini malati, della morte.
Navighiamo a vista e spesso ci smarriamo
Siamo sull’arca ma non riconosciamo l altra nostra metà.
Siamo ciechi e sordi e forse anche zoppi.
Ma è solo una percezione.
Abbiamo tutto dove deve essere ma manca l’azione, a volte il pensiero critico spesso il coraggio.
Non essendoci una collettività che sostiene, anche se spingono la globalità, le azioni di persone rimangono isolate e vengono chiamate: pazzia. A volte eroismo.
Si combatte da soli, ognuno per il suo piccolo pezzo di terra, per il suo destino e la sua identità.
Ma non crediamo più alla guerra, ce l ha detto Gianni Rodari e ricordato Fabrizio de Andrè. Siamo obiettori di coscienza. Monadi isolate.
Ma soli non si vince, si diventa eroi inutili di guerre infinite.
Intellettuali, maestri spirituali, coach della vita, uova primordiali.
Ogni cosa ha il suo opposto, ogni malattia la sua cura, ogni pianta la sua proprietà.
Ma non sappiamo più leggere ne scrivere.
Non sappiamo più riconoscere un rumore dalla musica. Ne l’amore.
Siamo persi nell’oceano mondo tra pesci che non sono stati ancora catalogati e muratori che ricostruiscono case. Anche sott’acqua perché non ci spaventa il deserto, non ci spaventa l’oceano. Siamo padroni del mondo.
Ma
‘Ognuno stia al suo posto’
Ognuno non esca dai 2 m2 di vita scelti per lui. Offerte a 9,90 due vite insieme, Attaccate come siamesi, odoranti di piscia di gatto non castrato. ‘Sale nel naso e anche nella gola’
tieni duro, stringi i pugni, non gridare potresti fare rumore.
Per ognuno di noi quanti decibel sono consentiti?
Potrebbe arrivare la polizia e metterci dei sigilli sui nostri corpi con scritto:
chiuso per quindici giorni
e tu che non ti puoi muovere, li fermo, come l’appeso dei tarocchi, aspetti, Il tuo turno.
Preservativo sotto il letto, cani arrapati. Nerd col telefono in mano, fiori di calendula arancioni, la terra rossa e le aurore che rischiarano la notte nel giorno.
La voce si rattrappisce, esce, gioca, roca, spenta.
Non c’è connessione col profondo.
Spingo spingo spingo la mia volontà fuori da me. Lotto nel fango esausta contro me stessa.
Mi alzo e sono altra.
Ho i capelli biondi e un buon aperol in mano.
La generazione del bere amaro, amaro come la vita.
La collettività nel dolore, nel farsi capire, nell’orrore.
E quella luce che brilla laggiù. È un faro.
Preservalo dal vento del fuoco e dei missili.
Luce contro l’oscurità
Siamo i lumini dei cimiteri, le fiamme fatue dei nostri corpi.
Solo così
Non indietreggiando nemmeno di un millimetro. Tenendo la trincea, illuminando. Solo così.
Solo così
Senza armi ne cattiveria.
Da una collettività impoverita,
da maestri che non esistono,
da il nero che avanza e mangia la nostra carne.
Uniamoci
Anche se siamo diversi
Uniamoci per fare luce
Uniamoci
Non abbiamo altra chance
Non funzionamo soli
Musica ragazzi
Sipario
Qui quella parlata