NiusLatter #30 fu la luce

Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno

Sopravvivere ad un eclissi non è cosa nota al nostro mondo.
Distratti dal cielo. Camminiamo guardando in basso.
Dimentichiamo rabdomanti, cineasti, alchimisti e fattucchiere.
Deleghiamo ai commercialisti la nostra felicità mentre i soldi diventano armi di scambio al profumo di possibilità.
Solo se li hai puoi fare qualcosa.
Solo se li hai vali.
L’asfalto è duro
I miei piedi camminano e dirigono senza un pensiero cosciente.
Sbando
Claudio suona il sax, Linda dipinge io e Pier guardiamo
E fu notte nel giorno
E c’eravamo tutti
Erano le 2043 di un mercoledì di ottobre, il due.
Prima la luce poi le tenebre.
Click
Succede
Succede
Succede
La pista era piena di aerei che partivano per ogni luogo.
L’aria irrespirabile.
La valigia una.
Sono a Puerto Maldonado.
(Un paesino campestre semi evoluto, del torrido Perù quello dell’Amazzonia.)
Un taxi mi porta all albergo. Il migliore del luogo.
Non ho nulla in mano se non un piano ridicolo che consiste di andare nella piazza del paese e chiedere.
Nemmeno ideato da me, ma da una cocalera di Cusco.
Cerco uno Shamano per fare l ayausca.

Ne avevo uno,
un viaggio organizzato tramite un contatto di un’amica.
Dieci giorni in amazzonia ayuasca e foresta.
Economico.
Ti senti per telefono e fissi in un paesino dove ti raccattano con una jeep e vai con sconosciuti.-

La cocalera è una vecchia con le trecce lunghissime, nere, che porta la gonna tradizionale ha le anche larghe come tutte le canpesinos, e butta le foglie di coca.
Tu puoi chiedere di chiunque tu voglia, lei tira.
Cambio i piani, decido di seguire la vecchia.
Abbandono il Brasile.
Mi dice: ‘chiedi in piazza, troverai’
Puerto Maldonado è uno dei posti più brutti al mondo.
Piccolo, afoso, risoluto, davanti ai negozi le casse sparano musica latina a volumi altissimi.
È una porta di acceso al Rio delle Amazzoni.
Scalcinato, rurale, ma con gli Indios relegati ai mercatini artigianali.
Svettano tra le strade le compagnie telefoniche che promettono minuti e Internet.
È caldo che ti strapperesti i vestiti, noncurante delle zanzare.
Mi siedo nella piazza e aspetto.
Compro una bottiglietta d’acqua da una donna, che si arrangia come può, trascinandosi i figli piccoli che l’aiutano a campare.
È l’ora più calda del giorno, pochissime persone fuori.
Un ragazzino vende dei libri sotto ad un pergolato.
Accaldata mi fermo, guardo.
Mi colpisce uno.
Parla di Shamani.
Un professore del luogo aveva fatto uno studio sulle comunità indigene circostanti.
Chiedo:
‘Sai dirmi come posso contattare questo professore?’
“È mio padre”
Sbianco.
Sono su un taxi. Lui è Lula.
Mi sta portando alla Comunidad Infierno.
Li c’è Maniuco. Può farmi la ayausca.
Lo incontro davanti alla sua cabana, è vecchio, ma ha un viso rassicurante, calmo, la vita non lo rincorre, saremo io e lui.
Solo.
La notte, per tre notti, una si e una no.
Maniuco ha una moglie, i nipoti, e vive nella comunità.
Sta cambiando tutto, lui è uno degli ultimi Shamani.
Ai giovani non interessa, cercano la città.
A Puerto Maldonado vivo in albergo. Mi muovo poco, l’afa , l’umidità e il processo che sto per affrontare mi costringono a rispettare le mie energie.
Mangio spaghetti e ascolto Jung.
Sono vestita di bianco.
Sono pronta.

Sipario

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